STORIA DI MIA VITA

STORIA DI MIA VITA, di Janek Gorczyca, già dal titolo esprime la sua originalità. Non è un libro come gli altri quello che Sellerio ha deciso di dare alle stampe, per la storia che racconta e per la lingua con cui è scritto. Una lingua essenziale e cruda. Forgiata da un non madrelingua eppure comprensibilissima.

È un debutto letterario, quello dell’homeless Janek Gorczyca, che spiazza, sorprende e cattura. È la storia in poco più di centoquaranta pagine dei trent’anni anni vissuti da Janek a Roma, senza casa e senza un posto fisso di lavoro, tirando a campare e dormendo dove capita, un amore grande per Marta, polacca come lui, una passione smodata per alcolici e sigarette.

Grazie allo scrittore Christian Raimo, che conosce Janek da vent’anni, per essersi preso la briga di presentarsi un giorno nella redazione di Sellerio con i quaderni dell’amico clochard scritti a mano. Grazie per averci aiutato a ri-scoprire che dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori.

Un primo “sorso” delle pagine di Storia di mia vita.

«Questo sarà un breve racconto di mia esperienza sulla vita per la strada. Tutto comincia nel 1998 di ottobre, io sto in una stanza a Campo dei fiori, contratto di lavoro scaduto, permesso di soggiorno uguale, ho un milione e mezzo di lire in tasca, e penso come riprendere tutto, ma non è facile.

Per carattere mio quando mi annoio decido di cercare amici di vecchia data, e un pomeriggio vado a Montesacro, perché sapevo che c’è qualcuno che lì chiede elemosina al semaforo e anche sotto la chiesa. Infatti li trovo. Trovo tutti a piazza Primoli accampati di giorno nel parco (dove è il mercato di martedì e di sabato) e di notte dormono sotto il negozio ex Levis di fronte all’ex Gs (adesso Carrefour) sopra i cartoni. La mattina caricano tutte le coperte sui carrelli di spesa e vanno nel parco. Vivono di elemosina sia per la strada che davanti alla parrocchia. Gente del quartiere gli dà una mano. Il vino è onnipresente, la sera gli portano cena da tavola calda tutto quello rimasto da pranzo nel posto dove era proprietario Mimmo (adesso è in mano dei cinesi). Comunque decido di fermarmi qualche giorno. Subito la gente che mi sta aiutando si interessa di me per varie ragioni, il mio italiano, il mio comportamento. Parlando esce fuori che mestiere mio è il fabbro. Mi accompagnano in una officina vicino, da Gino. Lui sorpreso dal mio italiano mi assume…»

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